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Negli anni settanta ed all’inizio degli anni ottanta si verifica un profondo mutamento nella cultura degli ambienti al di fuori dall’ortodossia umanistico-egualitaria in via di consolidamento, che porta al successo ed alla visibilità internazionale idee, pubblicazioni e temi a lungo rimasti sommersi; e che non sarà del resto estranea né ad alcune revisioni critiche presto diffusesi nella parte più avanzata dell’intellettualità europea di sinistra, né all’affermazione di vari partiti nazionalisti, etnoregionalisti o “populisti” – sia pure spesso denotati in buona o malafede da programmi e posizioni del tutto estranei alle idee in questione – che qualche anno dopo giungeranno in buona parte d’Europa a percentuali elettorali a due cifre per la prima volta nel dopoguerra.
Uno dei principali epicentri di questa imprevista mutazione si trova a Parigi, ma la sua ispirazione vede il contributo fondamentale di un giornalista italiano all’epoca poco conosciuto, Giorgio Locchi, la cui influenza del resto trascende rapidamente la mediazione rappresentata dalla Nouvelle Droite – pure completamente impregnata dalla sua filosofia nel periodo del maggior successo – e coinvolge direttamente numerosi circoli e singoli intellettuali in Germania, Belgio, Svizzera, Spagna ed Italia.
In effetti, tra i documenti alla base di tale rivoluzione stanno proprio gli scritti di Locchi qui per la prima volta qui proposti in volume al pubblico italiano, che si affiancano a Nietzsche, Wagner e il mito sovrumanista e a Il male americano (LEdE-Akropolis) e ne rappresentano il complemento ideale. Un complemento che ha conservato intatto tutto il proprio valore di “messa a punto” rispetto all’eterno ritorno di derive occidentaliste, tradizionaliste, liberali, golliste, esoteriche, socialdemocratiche, neocolonialiste, che oggi come allora rischiano di oscurare la capacità stessa di pensare un’alternativa reale al sistema della globalizzazione e della fine della storia, in vista di una rinascita europea.