Descrizione prodotto
“L’inizio è di suprema importanza in ogni cosa, soprattutto nella fondazione e nella costituzione di una città; e la Fortuna ha provveduto alla Città [Roma], salvandone e difendendone il fondatore. La Virtù ha reso grande Romolo, ma la Fortuna ha vegliato su di lui finché egli divenne grande”. In queste sue considerazioni sul vincolo – che potremmo chiamare ‘dialettico’ – tra Fortuna (Tyke; Sorte) e Virtù (Virtus; Aretè) presso i Romani, sembra a Plutarco, tra le due necessarie impronte che ricevono le azioni umane, ‘più necessaria’ quella della Fortuna – tanto che ben potremmo, a conferma del pensiero dell’Autore, volgere in proposizione finale la temporale del brano qui ricordato: ‘affinché egli divenisse grande’. Causa delle cose mondane, la divina Tyke degli Elleni, la dea Fortuna dei Romani effonde nella mutevolezza dei suoi effetti l’incostanza della propria essenza numinosa. Se la Virtù, nella proporzione in cui discende dalla Volontà e dalla Saggezza degli uomini, è forza creatrice di un comprensibile ordito umano, la Fortuna, da divinità originaria, primigenia, ‘elementale’, è simbolo di una misteriosa trama cosmica, incomprensibile nella tensione statica dei propri fili, ma riconoscibile nell’incrociarsi dinamico degli stessi. Per indossare un ‘tessuto’ così formato – sembra suggerire La Fortuna dei Romani – gli uomini debbono però dimostrare nella vita tenacia e prontezza, sì che al Desiderium Fortunae si congiunga l’Estote parati della Virtù.
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