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Le Vergini di Vesta

€14.00

Autore: Giulio Giannelli

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I còmpiti religiosi, in origine sacre funzioni della regalità, con la regressione di quest’ultima vengono adempiuti anche in Roma da speciali incaricati dei culti, i sacerdoti, che quei còmpiti continuano trasformandoli in ‘poteri’ religiosi. La regina sacrorum, le flamìniche e le Vestali formano i tre sacerdozi femminili romani, ricompresi nel Collegio dei Pontefici – il quale riassume in sé la complessiva attività sacerdotale del decaduto rex. Ma mentre la regina sacrorum e le flamìniche partecipano all’organizzazione del culto delle divinità romane, in qualità di mogli e con mansioni di assistenti di sacerdoti – divengono, possiamo dire, sacerdotesse per la condizione, derivata e subordinata, di consorti di sacerdoti, costituendo con i mariti una coppia sacrificatrice -, le Vestali appartengono all’ordinamento del culto del fuoco essendo, per propria qualità innata, vergini-pontefici: ignee mediatrici tra l’umano e il divino, subordinate all’autorità esclusiva del Pontefice Massimo.

Presso i Romani, ricorda il cristiano Agostino, “nil tempio Vestae sanctius habebatur”. Assoluta è la castità delle Vergini di Vesta, sacrificium essenziale della loro ordinazione sacerdotale e della loro autorità sacrificale, perché, scrive limpidamente l’Autore: “L’imposizione della castità è originata dalla credenza che la castità conferisca uno straordinario potere a coloro che debbono essere ‘mediatori’ fra l’uomo e la divinità, e dall’idea che l’attività sessuale ingeneri nell’uomo quelle condizioni di impurità e di conseguente debolezza, che lo renderebbero disadatto a venire in contatto con la potenza divina.”

Nel De natura Deorum, Cicerone afferma che i Romani hanno sottomesso l’universo grazie alla loro religione, al proprio culto degli Dei. Tra le loro divinità Vesta è dearum maxima: “Virgines Vestales in urbe custodiunto ignem foci publici sempiterni”, ricorda lo stesso nel De legibus. Ma in seguito alla battaglia del Frigido e alla sconfitta dell’imperatore Eugenio (6 settembre 394 e.v.) le fiamme del focus publicus sempiternus custodito per undici secoli dalle Vergini di Vesta si spengono. Soffocato dal soffio, acre e risentito, del cristiano Gerolamo – “Così gli Dei non hanno nelle proprie nicchie altra devozione che quella dei gufi” -, il fuoco di Vesta cede, così, ad altri fuochi a venire, infiammati dal Kriegsgeschrei dei Goti di Alarico.

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